Rischio di suicidio: cause e prevenzione

Contraccolpo della quarantena

Prof. Roberto Brugnoli

Sull’onda del forte impatto suscitato a livello globale dal covid-19 sono ormai diversi gli studi che hanno analizzato gli effetti che l’epidemia e le misure restrittive per contenerla possono avere sulla psiche umana. Uno di questi studi, pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet Psychiatry nell’Aprile di quest’anno, ha mostrato come ci siano diversi elementi che mostrano un incremento del tasso di suicidi durante il periodo di quarantena, evidenziando perciò l’importanza di un’adeguata prevenzione per i soggetti più a rischio.

Una ricerca effettuata dall’American Academy of Family Physicians, redatta dal Well Being Trust prevede una stima di circa 75mila morti per “disperazione” nel prossimo decennio, tra suicidi e decessi per abusi di alcol e droghe. Lo studio riporta infatti che negli Stati Uniti solo nel mese di marzo le telefonate ai numeri di assistenza psicologica sono aumentate quasi del 900% rispetto all’anno precedente. La ricerca ha inoltre evidenziato come a risentire maggiormente degli effetti psicologici della quarantena siano soggetti con difficoltà economiche o che hanno perso il lavoro a causa del covid-19.
Una ricerca simile è stata effettuata dalla Link Campus University di Roma ed ha evidenziato come in Italia nel 2020 si siano registrati 25 suicidi durante il lockdown e 16 nel mese di aprile, ai quali bisogna aggiungere 36 tentati suicidi. Dato che trova rilevanza se confrontato con i 14 suicidi dell’anno precedente tra marzo e aprile. 

Molti studi hanno infatti rilevato come e quanto le misure contenitive della quarantena, quali isolamento e distanziamento sociale, possano impattare sulla salute mentale generale delle comunità costrette a farne ricorso. Tali effetti colpiscono in particolare i soggetti più fragili rischiando di generare disturbi mentali o esacerbando situazioni già compromesse o precarie, che possono culminare in episodi suicidi. Altre categorie particolarmente esposte a questi problemi risultano essere, a causa dei riscontrati episodi di stigmatizzazione sociale, quelle considerate più vicine al covid-19, e cioè i malati e le loro famiglie e gli operatori della sanità. 

Ulteriore elemento di rischio si è rilevato essere il subire un lutto in quarantena, dovendo vivere la perdita in solitudine. Risulta perciò fondamentale prevedere reti di supporto per questi soggetti che diventano sempre più fragili, facilitando e incentivando il sostegno psicologico degli amici o della famiglia.

Sono stati individuati inoltre come elementi precipitanti l’abuso di alcool, la violenza domestica e il facile accesso a oggetti di uso comune potenzialmente pericolosi, come pesticidi e farmaci accumulati nelle case. Questi dovrebbero essere venduti con particolare cautela nei periodi di quarantena, facendo maggiore attenzione alle richieste dei clienti, soprattutto se manifestano stati alterati o di difficoltà.
Se queste sono circostanze a rischio già in situazioni di normalità, sicuramente la quarantena rappresenta un pericoloso trigger, che può amplificarne gli effetti aumentando significativamente il rischio di suicidio. 

La perdita del lavoro e l’instabilità economica connessi alla pandemia sono riconosciuti come fattori di forte stress e di aumento del rischio per il suicidio, come dimostrato dalle precedenti crisi economiche. Elemento di forte preoccupazione è anche l’interruzione della formazione per i giovani, che possono sviluppare stati di ansia e di incertezza per il loro futuro lavorativo. Per questo motivo è importante pensare ad istituire reti di supporto finanziare che proseguano anche dopo l’emergenza e che, in tal senso, possono anche essere considerate misure di salute pubblica. 

Durante la quarantena i media svolgono poi un ruolo fondamentale, della cui portata sulla salute mentale delle persone devono essere pienamente coscienti e responsabili, trovando un equilibrio tra diritto di cronaca e attenzione per i contraccolpi psicologici delle notizie. La ripetuta esposizione a notizie di crisi, suicidi e, in generale, pericolo può impattare in maniera fortementa negativa sui soggetti più fragili.  È perciò utile che le autorità governative elaborino linee guida specifiche per mitigare questo rischio, cercando di tutelare al contempo gli interessi di entrambe le parti.

Le realtà governative e  sanitarie hanno il compito di continuare a fornire consulenze psichiatriche e sostegno psicologico, sperimentando modalità alternative a quelle in presenza, come quelle online e telefoniche, che meglio rispondano alle nuove esigenze imposte dal covid-19.

Queste nuove pratiche di lavoro devono essere implementate e migliorate, considerando il sovraccarico di lavoro delle strutture sanitarie e la possibile mancanza di volontari in questa fase di emergenza. Al tempo stesso bisogna però tenere presente che non tutti i pazienti si sentiranno a loro agio con questo tipo di interventi e potrebbero porre problemi di privacy, particolarmente sensibili, ad esempio, per i soggetti con tratti paranoicali .

E’ infatti importante garantire un supporto continuativo e di qualità a tutti quegli individui a rischio che, a causa della difficoltà di incontro in presenza per il lockdown e per le limitazioni nel normale funzionamento delle strutture sanitarie, si sono ritrovati senza un riferimento concreto. Alcune persone potrebbero non cercare aiuto, spaventate dal rischio di contagio nelle strutture ospedaliere e potrebbero perciò abbandonare o interrompere bruscamente percorsi già avviati prima della pandemia, esponendosi maggiormente al rischio di pericolose ricadute psichiatriche.

La ricerca del dott. Gunnel e colleghi  suggerisce perciò come durante la pandemia sia fondamentale agire tempestivamente nella raccolta di dati per elaborare la miglior risposta possibile ad un’emergenza, almeno per l’Occidente, inedita. Tale raccolta dovrà mettere a sistema dati di diversa natura, come ad esempio i registri dei suicidi e degli episodi di autolesionismo, testimonianze delle help line e degli operatori della sanità, al fine di capire come veicolare al meglio le risorse umane ed economiche per fronteggiare la crisi.

Alcune delle soluzioni che sono state proposte possono essere applicate globalmente, ma richiederanno sforzi ulteriori per quei sistemi poveri di risorse. Sono tempi senza precedenti, la pandemia causerà disturbi e lascerà molte persone vulnerabili e più soggette a problemi di salute mentale, anche a rischio suicidio. È molto probabile che gli effetti psicologici della quarantena persisteranno nel tempo, forse anche con picchi successivi all’attuale pandemia. Fondamentale è la collaborazione e la messa a sistema delle esperienze delle strategie adottate dai vari governi e delle ricerche scientifiche prodotte in questi mesi per elaborare azioni mirate ed efficaci per mitigare gli effetti psicologici negativi, attenuando così il rischio di suicidio.

Autore

Roberto Brugnoli
Roberto Brugnoli
Professore aggregato di Psichiatria, SSD MED/25
Sapienza Università di Roma, Facoltà di Medicina e Psicologia, Dipartimento NESMOS Azienda Ospedaliera “Sant’Andrea”, Via di Grottarossa 1035-1039, 00189 ROMA