“Mi ritrovai in una selva oscura…”

Come affrontare stress e depressione da pandemia.

di Carmelo Rinaudo

La pandemia da Sars-Cov-2 non mette solo a rischio la salute fisica e la stessa vita ma rappresenta anche una seria minaccia, prevedibilmente crescente nel tempo, per la salute mentale. L’emergenza sanitaria, come in precedenti pandemie, fa registrare, infatti, anche il prevalere di alcune condizioni psicopatologiche, come il PTSD (Disturbo da stress post-traumatico), nelle categorie a maggior rischio (operatori sanitari in prima linea, soggetti che hanno vissuto l’esperienza della malattia, di quella di persone care o della perdita delle stesse) e l’incremento e il peggioramento dei disturbi psichici nella popolazione generale: disturbi d’ansia con allarme ipocondriaco e patofobico, depressione, disturbi dell’adattamento, abuso di alcool. E’ da attendersi, anche dopo la progressiva uscita dal lockdown, un rilevante incremento di morbilità psichiatrica, in particolare di depressione, in conseguenza del prolungarsi del carico allostatico alimentato dalle necessità adattive, condizionate, prevedibilmente per tempi non brevi, anche dalle conseguenze non sanitarie della pandemia (abitudini di vita, rapporti sociali, lavoro, problemi economici, trasporti, etc.).

Una serie di studi sugli effetti della quarantena sulla popolazione generale ha evidenziato che le condizioni di sofferenza psichica includono PTSD, ansia, demoralizzazione, rabbia, aggressività e ha posto in evidenza, quali fattori stressanti, il prolungarsi della quarantena, il timore di contagio, la frustrazione, l’assistenza inadeguata, l’informazione inadeguata, la perdita finanziaria e lo stigma. Nella fase successiva all’acuzie dell’emergenza COVID-19, i quadri ansiosi hanno poi registrato una prevalente evoluzione in quadri depressivi e in disturbi dell’adattamento con aumento dei suicidi e dei comportamenti violenti.

Non solo la salute fisica ma anche quella mentale è quindi a rischio a causa del coronavirus. Gli esperti di molti Paesi hanno osservato l’incremento di depressione tra la popolazione come conseguenza del lungo isolamento e un rapporto delle Nazioni Unite invita i governi nazionali a farsi carico non solo del rischio per la salute fisica ma anche per quella mentale.

Devora Kestel, Direttrice del Dipartimento Salute Mentale dell’OMS, ha lanciato un allarme circa le conseguenze della pandemia anche per la salute mentale sollecitando i governi a porre la questione in primo piano.

Peraltro, come riportato dalla Reuters, Michael Ryan, Direttore Esecutivo del Programma di Emergenza dell’OMS, durante un briefing online, nel momento in cui nel mondo si discute di come uscire dal lockdown per riavviare un’economia globale messa in ginocchio dal Covid-19, ha avvertito circa la possibilità che il coronavirus possa diventare endemico come il virus dell’HIV e ha sollecitato a continuare a mantenere alta la guardia per tempi poco prevedibili.

Quindi, il rischio di una prolungata esposizione della popolazione ad un rilevante carico di stress e delle patologie stress-correlate.

In particolare, la correlazione fra stress e depressione (patologia sistemica, mente-corpo, con sintomi somatici, affettivi e cognitivi) è clinicamente ben noto e fa riferimento ai meccanismi neurobiologici che possono mediare la risposta disfunzionale, depressiva al sovraccarico allostatico.

Sovraccarico in atto alimentato dalla necessità di uno sforzo adattivo imposto da radicali cambiamenti nella quotidianità, negli stili comportamentali e, in particolare, nella progettualità esistenziale profondamente modificata, temporaneamente sospesa o da rifondare profondamente. L’allostasi è la capacità di mantenere la stabilità dei sistemi fisiologici per mezzo del cambiamento; quando le sollecitazioni dell’ambiente fisico e sociale eccedono i limiti della resilienza omeostatica dell’individuo, fisica e mentale, si realizza la condizione del sovraccarico allostatico con possibili conseguenze patologiche (patologia da stress), riferibile alla “fase di esaurimento” della teoria della sindrome generale di adattamento di Selye.

In condizioni fisiologiche, l’attivazione dell’ormone e neurotrasmettitore ipotalamico CRH (Corticotropin-Releasing Hormone) o CRF (Corticotropin-Releasing Factor) innesca la risposta adattiva allo stress lungo l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene facilitando risposte di fronteggiamento funzionale e la tendenza a sviluppare comportamenti adattativi che vanno dalla semplice risposta “combatti o fuggi” ad articolate e complesse risposte emotivo-affettive, cognitive e comportamentali proattive, finalizzate al recupero dell’equilibrio omeostatico, fisico, psichico e sociale.

Quando si determina un sovraccarico allostatico, specialmente da stress prolungato o cronico, la reazione da stress risulta quindi disfunzionale e disadattiva.

In questi casi, le sollecitazioni allostatiche, piuttosto che sollecitare, inibiscono il livello motivazionale proattivo e l’azione alimentando sentimenti di frustrante impotenza, ottundimento della capacità di provare piacere e di infuturamento.

Peraltro, la stessa condizione depressiva determinando, a sua volta, la riduzione della resilienza individuale rappresenta un fattore di vulnerabilità allo stress con l’innesco di causalità circolare. A questo proposito, nella Sezione “Advice for public” del sito dell’OMS, contestualmente alle infografie relative ai comportamenti da adottare per la prevenzione dell’infezione COVID-19, sono state pubblicate anche quelle per fronteggiarne lo stress:

“How to cope with stress during 2019-nCoV outbreak”.

Sentirsi tristi, disorientati o preoccupati durante una crisi come quella attuale può considerarsi un comprensibile disagio ma la comparsa, specialmente nell’attuale fase di progressiva uscita dal lockdown, di crescente malessere con sentimenti di impotenza, inerzia volitiva e motivazionale, prevalente rimpianto per il prima con vissuti di perdita, affievolimento delle spinte propositive per i necessari cambiamenti nell’infuturamento, ridotta capacità di desiderare e provare piacere, deve prontamente sollecitare all’attenzione clinica con tempestivi e qualificati interventi terapeutici. Anche in considerazione che è da attendersi proprio quando, come adesso, si è costretti ad essere più consapevoli della nostra fragilità e precarietà un fisiologico acuirsi del desiderio e della spinta alla vita; l’affermazione della felicità del vivere alla quale sollecita provocatoriamente Henry Miller nel suo romanzo Tropico del cancro, importante capolavoro della letteratura del XX secolo ma vietato, perché considerato pornografico e scandaloso, per circa 30 anni, negli USA:

“Non ho soldi, né risorse, né speranze. Sono l’uomo più felice del mondo”.

In considerazione che per un tempo poco prevedibile continueremo a doverci confrontare con pervasivi cambiamenti del nostro essere al mondo, è opportuno rivedere realisticamente le nostre priorità e accettare, mobilitando energie e competenze, la sfida del cambiamento piuttosto che aggrapparsi all’aspettativa, talora irrealistica, di ripristinare esattamente ciò che è stato correndo così il rischio di una maggiore esposizione alla frustrazione e ai vissuti di perdita.

E’ necessario, per orientarci proattivamente nel cambiamento, alimentare l’attitudine a desiderare, nell’accezione letterale del termine di appetizione realistica e propositiva, per uscire dalla “selva oscura” del COVID-19 come Dante dall’Inferno del suo viaggio: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”.

Il viaggio deve continuare nel modo migliore “possibile”.

  1. Jianbo Lai, MSc; Simeng Ma, MSc; YingWang, MSc; Zhongxiang Cai, MD; Jianbo Hu, MSc; NingWei, MD; JiangWu, MD; Hui Du, MD; Tingting Chen, MD; Ruiting Li, MD;Huawei Tan, MD; Lijun Kang, MSc; Lihua Yao, MD; Manli Huang, MD; HuafenWang, BD; GaohuaWang, MD; Zhongchun Liu, MD; Shaohua Hu, MD.  Factors Associated With Mental Health Outcomes Among Health CareWorkers Exposed to Coronavirus Disease 2019 JAMA Netw Open. 2020 Mar 2;3(3):e203976
  2. https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/advice-for-public
  3. Il termine desiderare è composto dalla preposizione de, in latino con accezione negativa, e sidus , stella; quindi, letteralmente, mancanza di stelle, nel senso di avvertire la mancanza delle stelle che consentono ai marinai di mantenere la rotta,  dei buoni presagi, dei buoni auspici. Per estensione, desiderare ha assunto anche l’accezione corrente come percezione di una mancanza e, di conseguenza, come sentimento di ricerca appassionata e propositiva. Tutte e tre le cantiche della Divina Commedia terminano con la parola «stelle» (Inferno: E quindi uscimmo a riveder le stelle; Purgatorio: Puro e disposto a salir a le stelle; Paradiso: L’amor che move il sole e l’altre stelle).

Autore

Carmelo Rinaudo
Carmelo Rinaudo
Neurologo, Psichiatra, Psicoterapeuta Già Direttore di Unità Operativa Complessa di Psichiatria ASP 3 Catania, Docente del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Università di Catania